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AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA ALL’ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI ENI
COMUNICATO STAMPA
CS063-2014
AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA ALL’ASSEMBLEA
DEGLI AZIONISTI ENI
Questa mattina Gianni Rufini, direttore
generale di Amnesty International Italia, e’ intervenuto all’Assemblea
generale degli azionisti di Eni.
Dal novembre 2009 Amnesty International
Italia, titolare di un’azione di Eni, e’ impegnata in un dialogo con
l’azienda sull’impatto delle sue attivita’ sull’ambiente e i diritti
umani nel delta del fiume Niger, in Nigeria.
Nei numerosi incontri, l’ultimo dei
quali avvenuto il 1° aprile di quest’anno, Amnesty International Italia
ha sempre evidenziato come la mancanza di trasparenza complessiva sugli
impatti ambientali dell'industria petrolifera che opera in Nigeria - in
particolare, sulle fuoriuscite di petrolio e le indagini condotte per accertarne
le cause - metta a rischio i diritti umani delle popolazioni che vivono
sul delta del fiume Niger.
Ad aprile, Eni ha pubblicato il sito
Internet Naoc Sustainability in cui Naoc (Nigerian Agip Oil Company), la
consociata di Eni in Nigeria, riporta informazioni relative ai progetti
di riduzione delle torce del gas flaring, alle fuoriuscite di petrolio,
alle valutazioni di impatto ambientale e ai progetti per le comunita’
e il territorio.
La decisione di Eni di mantenere l'impegno,
preso durante l'Assemblea degli azionisti del 2013 dal suo amministratore
delegato, a fornire informazioni sulle indagini sulle fuoriuscite di petrolio
e’ stata pubblicamente apprezzata da Amnesty International Italia.
Nel suo intervento all’Assemblea generale
degli azionisti, Rufini si e’ soffermato sulle fuoriuscite di petrolio
riferite da Eni nel suo Consolidato di sostenibilita’. Nel 2013, gli incidenti
che hanno causato fuoriuscite di petrolio sono stati stimati dall’azienda
nel numero di 386. Il volume totale e’ stato di 7903 barili di petrolio
greggio fuoriuscito, 6002 dei quali a causa di atti di sabotaggio e di
terrorismo.
Un’altra fonte, l’Agenzia nigeriana
per il rilevamento e l'intervento per le fuoriuscite di petrolio, evidenzia
che negli ultimi sei anni Eni ha registrato l'aumento piu’ impressionante
di fuoriuscite di petrolio, il cui numero e’ piu’ che raddoppiato (da
235 fuoriuscite nel 2008 a 471 da gennaio alla fine di settembre 2013).
Infine, stando alle informazioni riportate
sul sito Naoc Sustainability, nei primi due mesi del 2014 Eni ha riportato
56 incidenti con una stima di 1156,7 barili di petrolio sversati. Anche
in questo caso, la maggior parte delle fuoriuscite e’ stata imputata ad
atti di sabotaggio e furto.
“Negli ultimi anni, in Nigeria, il
numero di fuoriuscite segnalate e causate dall'operato di Eni e’ stato
quasi il doppio rispetto a quello imputato a Shell, sebbene quest'ultima
occupi un'area maggiore. Il volume di barili sversati nel paese a causa
di atti di sabotaggio e furto continua a sembrare incredibilmente elevato.
Un cosi’ grande numero di fuoriuscite, qualunque sia la causa, e’ imperdonabile
per un operatore responsabile” – ha dichiarato Rufini.
Eni ha inoltre reso noto che "sta
testando tecniche innovative mirate a migliorare l'individuazione precoce
delle fuoriuscite dalle tubazioni (uso di fibre ottiche, idrofoni) e a
disincentivare le attivita’ di furto del petrolio (uso di barriere chimiche/meccaniche)".
Sebbene l'impegno all'azione di Eni sia benvenuto, Amnesty International
Italia resta preoccupata per la circostanza che un'azienda che ha visto
quasi 500 fuoriuscite in soli nove mesi del 2013 e gia’ 56 nei primi due
mesi del 2014 non abbia ancora intrapreso azioni per fermare significativamente
le fuoriuscite di petrolio.
“Indagare sulle fuoriuscite di petrolio
nel delta del fiume Niger e’ un importante questione di diritti umani”
– ha ricordato Rufini. “L’inquinamento causato negli ultimi 50 anni
dalle aziende petrolifere presenti sul territorio, tra cui Shell, Total
e la stessa Eni, ha contaminato il suolo, l’acqua e l’aria del delta
del Niger contribuendo alla violazione del diritto alla salute e a un ambiente
sano, del diritto a condizioni di vita dignitose, inclusi il diritto al
cibo e all’acqua, nonche’ del diritto a guadagnarsi da vivere attraverso
il lavoro. Le persone colpite sono centinaia di migliaia, in particolare
i piu’ poveri e coloro che dipendono dai mezzi di sussistenza tradizionali,
come pesca e agricoltura”.
La pubblicazione su Internet delle informazioni
relative alle indagini sulle fuoriuscite di petrolio, cosi’ come fatto
da Eni, permette sicuramente una maggiore possibilita’ di condurre una
revisione indipendente dei dati pubblicati e di ridurre quindi la possibilita’
di cattive pratiche. Sebbene Eni abbia intrapreso questo passo positivo,
Amnesty International Italia ritiene necessario che siano poste in essere
ulteriori forti misure per garantire che le informazioni fornite siano
attendibili e possano essere verificate in maniera indipendente.
“Rendere pubblici i dati delle fuoriuscite
di petrolio e delle relative operazioni per porvi rimedio e bonificare
la zona, dimostrerebbe una chiara assunzione di responsabilita’ e permetterebbe
a Eni di essere maggiormente trasparente nei confronti della comunita’
nigeriana cosi’ come dei suoi azionisti” – ha proseguito Rufini. “Per
questo Amnesty International Italia continuera’ a monitorare il sito Internet
di Naoc Sustainability, offrendo raccomandazioni per sviluppare ulteriormente
questo strumento”.
La salvaguardia dei diritti umani, nel
delta del fiume Niger, deve venire prima del profitto economico. Per questo,
Amnesty International Italia ha rivolto una serie di richieste alla compagnia:
1. entro quando Eni intende pubblicare
sul sito internet Naoc Sustainability tutti i report delle Joint investigation
visit, comprensive di fotografie e video relativi dal 2000 ad oggi assicurando
che le fotografie siano nitide e che forniscano elementi di prova verificabili
della causa e dell'area interessata e che i video possano garantire verifiche
indipendenti sul flusso di petrolio in fuoriuscita quando ha avuto luogo
la Joint investigation visit e pubblicando le informazioni su come e quando
e’ stato arrestato o isolato il flusso di petrolio;
2. entro quando Eni intende pubblicare
tutte le procedure di clean-up intraprese per tutti gli sversamenti che
hanno avuto luogo dal 2000 sino ad oggi.
3. entro quando Eni intende migliorare
concretamente i controlli di sicurezza alle infrastrutture petrolifere
per evitare sabotaggi e furti, nonche’ impegnarsi ad adottare la tecnologia
migliore a disposizione per evitare fuoriuscite nel delta del Niger.
4. quali sono i rapporti economici,
politici, tecnici, operativi e d’intelligence tra Eni e l’operazione
“Pulo Shield” delle forze di sicurezza nigeriane, accusata di gravi violazioni
dei diritti umani delle popolazioni del delta del Niger.
5. quali iniziative sono state prese
nei confronti delle comunita’ locali, della societa’ civile e delle autorita’
tradizionali, per risolvere o contenere, con metodi innovativi, i problemi
legati al bunkering e alla limitazione dell’accesso alla zona per i team
tecnici di Eni?
Durante l’Assemblea generale di Eni,
l’amministratore delegato Paolo Scaroni ha fornito alcune prime risposte,
basate principalmente sulle informazioni gia’ pubblicate sul sito della
compagnia nella risposta scritta alle domande pervenute prima dell’Assemblea
da parte di Amnesty International Italia.
Amnesty International Italia intende
quindi richiedere un approfondimento delle importanti tematiche sollevate
- che esulano dalla pubblicazione delle date degli sversamenti sul citato
sito Internet - e auspica che questo possa essere fatto al piu’ presto
in un incontro con i neo-nominati vertici di Eni.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 8 maggio 2014
Per interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio
Stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348 6974361,
e-mail: press@amnesty.it
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